L’agguato

Era il posto giusto. In ombra, vicino ma non troppo, visuale perfetta sulla zona. Non avrebbe avuto scampo.

Si era appostato molto presto, in modo da confondere la sua presenza con l’ambiente circostante.

Quel bastardo era dannatamente furbo, abbastanza da avergli già fatto venire due crisi isteriche.

Si mise comodo. L’attesa sarebbe stata lunga ma non aveva intenzione di dormire: ogni volta che si addormentava sognava tutti i tentativi precedenti andati a male. Un incubo.

Era diventato lo zimbello di tutti: quando usciva per farsi un giro nel quartiere trovava sempre qualcuno che gli chiedeva sghignazzando come andava il lavoro. Anche a casa nessuno lo prendeva più sul serio: il piccolo Tommy che prima lo cercava sempre per giocare, preferiva pupazzi dalla carriera immacolata.

Ok, ultimamente non era particolarmente in forma, ma ci provassero loro a fare quel mestiere, non era così facile!

Quella mattina però sarebbe stato diverso, ce l’avrebbe fatta. Gli sarebbe arrivato da dietro e l’avrebbe ucciso senza pietà. Niente discorsi alla Bruce Willis, niente giochetti: un colpo e via. Spietato.

I rumori della mattina cominciarono a giungere da un po’ tutte le parti. Passi, luci, voci. Presto anche lui sarebbe uscito.

Cercò di rilassarsi o avrebbe percepito la tensione.
Apparve dall’angolo. Socchiuse gli occhi fece maggior presa sul terreno.
Stava attraversando, sarebbe passato proprio davanti a lui!

Ancora pochi passi e sarebbe stato suo. Pochi istanti… il momento del riscatto.
– Mao! Ecco dov’eri! –

Quasi collassò.

Due braccia lo issarono sulle spalla della donna mentre la preda fuggiva. Lo sconforto era tale che oppose la resistenza di peluche.

Dannato topo. Dannati padroni.

Ci provassero ancora a prenderlo in giro per la caccia infruttuosa. E chi li sentiva ora gli amici del vicolo?

Che vita da gatti.

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